Ci fu un tempo in cui il sapere saldo si identificò con la medicina e la medicina venne considerata arte, alludendo con ciò al suo carattere trascendente. Il tutto presso le civiltà accadiche, veniva considerato, a partite dal suo svolgimento, come la messa in atto degli stati successivi che lo costituivano cioè dall'algoritmo che svolge dentro di esso. Così l'universo mesopotamico, origine della nostra civiltà, viene presentato nel poema babilonese “Enuma Elis”, animato da un'infinità di elementi costitutivi che altro non sarebbero che potenze-forze in azione. Ogni aspetto della realtà veniva concepito animato dall'attività plasmatrice di infinite Duvamis. Queste congetture, sull'origine del cosmo e di come il gioco di forze lo strutturava, eredita la Grecia d'Asia con la scuola di Mileto: esse ci aiutano a comprendere quell'epoca da noi così apparentemente lontana.
Lo straordinario è che questa visione cosmologica trova riscontro nelle descrizioni dei primi attimi dopo il big-bang in astro fisica. Questi elementi, in quanto campi energetici, si articolano in infiniti modi essendo delle produzioni singolari. Ognuna esprime un modo di stare al mondo, per cui la realtà si presenta come una complessità: infinita stratificazione di infinite conformazioni singolari interconnesse che diciamo potenze. Ogni potenza esprime una certa proprietà intensiva della materia e si caratterizza per il suo gradiente energetico cioè per il campo elettromagnetico che la esprime e connota e si traduce in un certo fare, in una determinata dinamica. È il possibile in atto ed esprime il tipo di lavoro che ogni elemento in natura svolge e che la chimico-fisica ci dice variare con il numero atomico. Pensato da questo versante, l'energetico-l'invisibile, prevale su ciò che ancora non ha trovato forma. Per capire queste tracce, bisogna indagare a cosa sono servite, o meglio, a cosa disponevano, che funzione svolgevano nell'economia del vivente. Queste sequenze sono incastonate in azioni, dinamiche metaboliche e funzioni.
Noi non conosciamo la storia di chi ci ha preceduto lungo l'ontogenesi ma ne serbiamo traccia nei nostri meccanismi adattivi. Tutta la vita può considerarsi sotto l'angolatura dei rapporti che la istruiscono, che incessantemente mutano e che ci determinano in relazione alle trasformazioni a cui la vita stessa ci chiama. Da qui, ogni particolare della realtà, ogni potenza, ogni cresta d'onda o profilo che appare alla vita, bisogna pensarlo affollato dai dinamismi e nessi che lo imbastiscono. Esso sunteggia e mima un'azione che ha la sua metrica e la sua funzione nell'economia del vivente. Il nome, il termine che attribuiamo ad ogni aspetto del reale, non è altro che la trascrizione dell'energia che lo struttura come un ideogramma.
A questa tradizione si lega l’omeopatia e da qui le mosse a ricercare quelle relazioni che legano l’uomo all’uomo malato (cioè al suo particolare modo di soffrire); quei lacci che disegnano la trama del suo essere zoppicante, limitato, impedito nella sua piena espressione esistenziale. L’omeopatia nasce meno di due secoli fa, per opera di S. Hahnemann, che fornisce un metodo e una terapeutica alla medicina, laddove parte di essa brancolava ancora nella nebbia dell’occulto, della magia, della religione e delle pratiche empiriche. Hahnemann compie i suoi studi nell’Università di Lipsia e Vienna e nel 1779 si laurea in Medicina. La sua abilità professionale e i suoi studi gli recano notevole fama e nel 1791 viene chiamato a far parte della Società Economica di Lipsia Accademie delle Scienze di Magonza. Ma, insoddisfatto e deluso dalla medicina così come veniva praticata e insegnata, anche da lui stesso, decide di abbandonare la professione tout court. Da allora si dedica alla traduzione dei grandi autori del passato e di alcune opere scientifiche, e approfondisce gli studi su Ippocrate, gli arabi e Paracelso. A 35 anni, mentre è intento alla traduzione della Materia Medica di Cullen, suo contemporaneo, Hahnemann si rende conto della validità dell’antica legge di similitudine, e la pone a fondamento della dottrina omeopatica. Scriveva:” E’ solo con il loro potere di fare ammalare che i medicamenti possono curare le malattie; una medicina può curare soltanto quegli stati morbosi che essa può produrre quando venga sperimentata sugli individui sani”. Hahnemann sperimenta su di sé l’effetto del chinino, poi passa al mercurio, alla belladonna ed alla digitale. Questi esperimenti, cui si fa risalire la nascita dell’Omeopatia, Hahnemann li compie nel 1796.
Il Presidente